Esterovestizione e identità giuridica dell’impresa transnazionale: equilibrio tra libertà di stabilimento e abuso del diritto
- Federico Lione

- 6 giorni fa
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Un equilibrio delicato tra libertà d’impresa e obblighi fiscali
Il fenomeno dell’esterovestizione societaria si colloca in uno dei punti più sensibili del diritto europeo e nazionale: quello in cui la libertà di stabilimento incontra i limiti imposti dal principio di correttezza fiscale e dal divieto di abuso del diritto. In un contesto economico globalizzato, è frequente che un’impresa decida di collocare la propria sede in uno Stato diverso da quello in cui effettivamente opera. Tuttavia, quando tale scelta risponde solo a finalità elusive, il rischio è quello di incorrere nell’accertamento di una residenza fiscale fittizia.
Il termine “esterovestizione” indica proprio questo fenomeno: una società formalmente costituita all’estero che mantiene in Italia la sede della direzione effettiva, ossia il centro in cui vengono prese le decisioni gestionali e strategiche. Ai sensi dell’art. 73, comma 3, del TUIR, si considerano residenti in Italia le società che, per la maggior parte del periodo d’imposta, hanno sede legale, amministrativa o oggetto principale nel territorio dello Stato.
Questa disposizione riflette il principio secondo cui la sostanza economica prevale sulla forma. In altre parole, ciò che conta non è dove una società è registrata, ma dove è effettivamente gestita. La Corte di Cassazione, in più occasioni (tra le altre, sentenze n. 33234/2018 e n. 10578/2022), ha ribadito che la residenza fiscale deve essere determinata in base alla direzione effettiva, non alla semplice sede formale.
Il quadro europeo: la libertà di stabilimento e i suoi limiti
L’esterovestizione non può essere compresa senza considerare il contesto europeo. Gli articoli 49 e 54 del TFUE sanciscono il diritto delle società costituite in uno Stato membro di stabilirsi liberamente in un altro Paese dell’Unione, trasferendo la sede o aprendo filiali. La Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha progressivamente chiarito che tale libertà comprende anche la possibilità di scegliere la giurisdizione più favorevole, purché la scelta non sia puramente artificiale.
Con la sentenza Centros (C-212/97), la Corte ha stabilito che costituire una società in un altro Stato membro al solo fine di beneficiare di una normativa più flessibile non è di per sé abuso del diritto. Lo stesso principio è stato confermato nelle pronunce Überseering (C-208/00) e Inspire Art (C-167/01), che hanno consolidato una visione “forte” della libertà di stabilimento, limitando le possibilità per gli Stati di disconoscere la personalità giuridica delle società estere validamente costituite.
Il vero punto di equilibrio è stato tracciato dalla decisione Cadbury Schweppes (C-196/04), che riconosce agli Stati il potere di adottare misure antielusive, purché proporzionate e mirate a contrastare solo le strutture di pura artificiosità. In questa prospettiva, la libertà di stabilimento tutela le scelte imprenditoriali genuine, mentre il principio dell’abuso del diritto consente di reprimere comportamenti formalmente leciti ma sostanzialmente elusivi.
La sede effettiva come criterio determinante della residenza fiscale
Nel diritto interno, il concetto di direzione effettiva è il fulcro per stabilire la residenza di un’impresa.La sede effettiva coincide con il luogo in cui vengono assunte le decisioni strategiche e operative, dove si concentra la gestione e si realizza concretamente l’attività economica.
L’esterovestizione si manifesta dunque quando la sede estera ha natura puramente formale, mentre l’intera struttura organizzativa e decisionale rimane in Italia.In tali casi, la Cassazione ha più volte precisato che gli elementi statutari e documentali non bastano: occorre un’analisi sostanziale che consideri dove si esercitano realmente i poteri direttivi e dove si formano le decisioni imprenditoriali.
Questo approccio, coerente con l’orientamento della Corte di giustizia, pone la sostanza economica effettiva al centro del sistema, rendendola il criterio principale per distinguere la pianificazione lecita dall’elusione.
L’abuso del diritto e la disciplina nazionale di contrasto
L’ordinamento italiano ha recepito e rafforzato questi principi con l’art. 10-bis della Legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), che sancisce la prevalenza della sostanza sulla forma e definisce l’abuso del diritto come l’uso distorto di strumenti giuridici per ottenere vantaggi fiscali indebiti.Le operazioni prive di sostanza economica sono considerate inopponibili all’Amministrazione finanziaria, la quale può riqualificarle in base alla loro reale natura.
A ciò si aggiunge l’art. 162-bis TUIR, che disciplina la stabile organizzazione occulta, ossia la presenza nel territorio nazionale di strutture o attività operative non dichiarate da soggetti esteri. In presenza di tali elementi, l’Amministrazione può considerare la società estera come fiscalmente residente in Italia, anche se formalmente localizzata altrove.
Queste norme, lette in combinato disposto, permettono di contrastare in modo efficace le costruzioni giuridiche di comodo e rafforzano la centralità del principio di sostanza economica effettiva come fondamento del sistema fiscale.
Il principio di sostanza nella giurisprudenza europea recente
Con la sentenza Polbud (C-106/16), la Corte di giustizia ha ulteriormente chiarito la distinzione tra mobilità societaria legittima e abuso.È stato riconosciuto che il trasferimento della sede statutaria da uno Stato membro a un altro rientra pienamente nella libertà di stabilimento, anche se non è accompagnato da uno spostamento della sede amministrativa, purché non persegua finalità elusive.
Questa decisione conferma che la pianificazione fiscale, se supportata da una sostanza economica reale, non coincide con la frode.L’Unione Europea riconosce così il diritto delle imprese a scegliere liberamente il proprio ordinamento, ma allo stesso tempo legittima gli Stati a reagire di fronte a operazioni puramente artificiose.
Identità giuridica dell’impresa transnazionale
La globalizzazione ha trasformato la natura stessa dell’impresa. L’impresa transnazionale è un soggetto giuridico complesso, che opera su più fronti e interagisce con diversi ordinamenti. La sua identità giuridica si definisce nell’equilibrio tra la sede legale — elemento formale e pubblicistico — e la sede effettiva, espressione della realtà economica e gestionale.
L’evoluzione giurisprudenziale europea tende a superare la tradizionale contrapposizione tra forma e sostanza, riconoscendo che la legittimità dell’impresa deriva dalla autenticità della sua attività economica, non dal mero indirizzo registrato. In questa prospettiva, la sede legale assume un valore simbolico, mentre la sede effettiva diventa il parametro determinante per valutare la genuinità della presenza societaria.
Tra concorrenza normativa e responsabilità fiscale
L’esterovestizione rappresenta quindi il punto d’equilibrio tra due esigenze:
da un lato, la mobilità e la concorrenza normativa tra gli Stati membri, strumenti di competitività economica e libertà imprenditoriale;
dall’altro, la tutela della sovranità fiscale e la necessità di impedire che la libertà di stabilimento diventi un pretesto per sottrarsi agli obblighi tributari.
La linea di confine è data dal concetto di sostanza economica effettiva, che oggi rappresenta il vero parametro di legittimità per l’impresa europea.Essa non è più soltanto un criterio di accertamento, ma un principio strutturale del diritto, destinato a orientare tanto le scelte imprenditoriali quanto l’attività interpretativa dei giudici.
Conclusioni
L’esterovestizione, più che un mero fenomeno fiscale, è un banco di prova per l’integrazione giuridica europea. Essa impone di conciliare la libertà di stabilimento con la responsabilità fiscale, evitando sia la rigidità formalistica sia la diffidenza verso la mobilità d’impresa.
In un contesto economico globalizzato, la vera sfida consiste nel valorizzare la sostanza economica come fondamento della correttezza e della trasparenza. L’impresa europea del futuro sarà quella capace di mantenere autonomia organizzativa, ma nel rispetto di un quadro normativo coerente con la realtà delle proprie attività.
La sostanza, più che la forma, diventa così il nuovo paradigma del diritto societario e tributario contemporaneo.
FAQ sull’esterovestizione
1. Che cosa si intende per “esterovestizione”? È la situazione in cui una società, pur essendo formalmente costituita all’estero, ha la propria direzione effettiva in Italia. In tal caso, viene considerata fiscalmente residente nel territorio nazionale.
2. Qual è la norma di riferimento? L’articolo 73, comma 3, del TUIR, che individua la residenza fiscale delle società sulla base della sede legale, amministrativa o dell’oggetto principale dell’attività.
3. Qual è la differenza tra pianificazione fiscale e abuso del diritto? La pianificazione fiscale è legittima quando si fonda su scelte economiche reali. Diventa abuso del diritto quando l’operazione è puramente artificiale e priva di sostanza economica.
4. Cosa stabilisce la giurisprudenza europea in materia? Le sentenze Centros, Cadbury Schweppes e Polbud affermano che la libertà di stabilimento è un diritto fondamentale, ma non può essere usata per creare costruzioni di comodo.
5. Come si accerta la sede effettiva? L’accertamento avviene verificando dove si trovano gli organi direttivi, dove vengono prese le decisioni gestionali e dove si svolge la reale attività d’impresa.




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