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Liquidazione controllata senza patrimonio: quando è possibile e cosa dice la giurisprudenza

Negli ultimi anni, la liquidazione controllata senza patrimonio è divenuta un tema di grande interesse per chi si occupa di diritto della crisi e del sovraindebitamento. La domanda che molti professionisti e debitori si pongono è semplice ma cruciale: è possibile accedere alla procedura anche se non si possiedono beni o redditi?

L’evoluzione normativa e giurisprudenziale più recente – in particolare la sentenza del Tribunale di Nola n. 100/2025 – ha fornito una risposta chiara e innovativa: sì, la liquidazione controllata può essere avviata anche senza patrimonio, purché sia sorretta da un apporto esterno certo, tracciabile e irrevocabile.

Liquidazione controllata senza patrimonio: i principi di legge

La liquidazione controllata del patrimonio, disciplinata dagli artt. 268 e seguenti del D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – CCII), rappresenta la procedura destinata ai debitori civili, ai professionisti e agli imprenditori non fallibili che si trovano in una condizione di sovraindebitamento. Il suo obiettivo è duplice:

  1. consentire la soddisfazione, anche parziale, dei creditori;

  2. permettere al debitore meritevole di ottenere l’esdebitazione, ossia la liberazione dai debiti residui.

Secondo il principio generale dell’art. 2740 c.c., il debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri.Da qui, per lungo tempo, si è ritenuto che la procedura di liquidazione potesse essere avviata solo se esisteva un minimo patrimonio da liquidare.

Tuttavia, l’art. 268 CCII non richiede esplicitamente la presenza di un attivo immediatamente disponibile: la norma si limita a individuare le condizioni soggettive e oggettive di accesso, senza imporre l’esistenza di beni iniziali, ammettendo anche la prospettiva di beni futuri o apporti esterni.

Liquidazione controllata senza patrimonio: l’orientamento dei tribunali italiani

La giurisprudenza più recente ha progressivamente superato l’impostazione tradizionale, riconoscendo che la liquidazione controllata senza patrimonio è ammissibile se esiste un apporto esterno concreto e documentato.

Un primo passo in questa direzione è arrivato con il Tribunale di Nola (decreto 12 dicembre 2023), che ha accolto la domanda di un debitore privo di beni, grazie al contributo familiare destinato a coprire le spese procedurali.

Successivamente, la Corte d’Appello di Torino (sentenza 27 agosto 2024) ha chiarito che anche la presenza di un solo credito o la prospettiva di redditi futuri può legittimare la procedura, purché l’attivo atteso sia “serio e verificabile”.

Il punto di svolta definitivo è arrivato con la sentenza del Tribunale di Nola n. 100 del 4 agosto 2025, destinata a divenire un vero leading case. Il Tribunale ha ritenuto ammissibile la domanda di un debitore totalmente incapiente, la cui unica risorsa consisteva nell’impegno del padre a versare 500 euro mensili per tre anni a favore della procedura.

Secondo i giudici, non vi è alcuna norma che imponga la disponibilità di un patrimonio iniziale.La liquidazione controllata può quindi fondarsi esclusivamente su finanza esterna, se tale contributo:

  • è concreto e sufficiente a coprire almeno le spese della procedura e una quota dei creditori;

  • è privo di vincoli restitutori;

  • è tracciabile, documentato e irrevocabile.

Come funziona l’apporto esterno nella liquidazione controllata senza patrimonio

L’apporto esterno rappresenta oggi l’elemento chiave che rende possibile la liquidazione controllata anche in assenza di beni. Si tratta di una somma o di un contributo economico proveniente da terzi (familiari, amici, enti o fondazioni), vincolato all’andamento della procedura e destinato al pagamento delle spese o, in parte, dei creditori.

La prassi operativa distingue due tipologie di apporto:

  1. Apporto integrativo È destinato a confluire nella massa attiva e a essere ripartito tra i creditori secondo le regole ordinarie della procedura.

  2. Apporto strumentale Serve solo a coprire i costi di gestione e i compensi del liquidatore. Non entra nella massa attiva, ma rende possibile l’avvio e il corretto svolgimento della procedura.

In entrambi i casi, l’apporto deve rispettare requisiti di:

  • tracciabilità (tramite bonifici o depositi vincolati);

  • irrevocabilità (dichiarazione o atto formale che escluda il ritiro delle somme);

  • liceità della provenienza (con verifica dell’OCC e del liquidatore).

L’Organismo di Composizione della Crisi (OCC) svolge un ruolo fondamentale: deve attestare la provenienza lecita e la congruità dell’apporto rispetto alla finalità della procedura, garantendo la trasparenza e il rispetto della par condicio creditorum.

I limiti e i rischi applicativi

L’apertura della liquidazione controllata senza patrimonio non può trasformarsi in uno strumento di favore per il debitore. Proprio per questo, la giurisprudenza sottolinea che:

  • l’apporto esterno deve essere neutro, ossia non può prevedere un vantaggio diretto o un rimborso al soggetto che fornisce i fondi;

  • l’uso distorto della finanza esterna (ad esempio per eludere la parità tra creditori) comporta il rigetto dell’istanza;

  • è necessaria una rigorosa documentazione a supporto della domanda.

Nella prassi, l’istanza deve contenere:

  • la relazione OCC con la stima dei debiti e l’attestazione di meritevolezza;

  • il contratto o la dichiarazione di apporto esterno vincolato;

  • la prova del deposito o della fideiussione irrevocabile;

  • la richiesta di ammissione dell’apporto alla massa attiva o, se strumentale, la specificazione della destinazione delle somme.

Un approccio più inclusivo alla crisi da sovraindebitamento

L’orientamento inaugurato dal Tribunale di Nola e seguito da numerosi tribunali italiani segna un cambio di paradigma. La liquidazione controllata senza patrimonio non è più vista come una contraddizione, ma come un meccanismo solidaristico e inclusivo, coerente con la funzione sociale dell’esdebitazione e con i principi costituzionali di uguaglianza e tutela della dignità personale.

In questo modo, anche chi non dispone di beni o redditi può accedere a un percorso di risanamento, purché supportato da terzi disposti a offrire un contributo lecito e verificabile.

Si tratta di una prospettiva che valorizza:

  • la responsabilità condivisa nella gestione della crisi personale;

  • la finalità riabilitativa dell’istituto;

  • la razionalizzazione delle procedure di sovraindebitamento, che vengono così rese più efficaci e accessibili.

Resta tuttavia auspicabile un intervento ministeriale o un protocollo nazionale degli OCC, che definisca in modo uniforme:

  • i criteri per valutare la sufficienza dell’apporto esterno;

  • la sua contabilizzazione nella massa attiva;

  • le modalità di tracciamento e controllo.

Conclusioni

La liquidazione controllata senza patrimonio rappresenta oggi una possibilità concreta per i debitori meritevoli che, pur privi di beni, vogliano risolvere in modo trasparente e definitivo la propria situazione di sovraindebitamento.

Le pronunce dei Tribunali di Nola, Torino, Padova e Parma confermano una visione moderna e funzionale dell’istituto, capace di coniugare efficienza procedurale, tutela dei creditori e valore solidaristico. L’importante è che l’apporto esterno sia reale, documentato, irrevocabile e neutro, garantendo così l’equilibrio del sistema e la credibilità della procedura.


FAQ – Liquidazione controllata senza patrimonio

È possibile accedere alla liquidazione controllata senza beni? Sì. È ammessa se il debitore è sostenuto da un apporto esterno certo e tracciabile, come un contributo familiare o un deposito vincolato.

Chi può fornire l’apporto esterno? Qualsiasi terzo – familiare, ente o soggetto privato – purché il contributo sia gratuito, lecito e formalmente vincolato alla procedura.

Serve un minimo importo per avviare la procedura? Non esiste un limite legale fisso: l’importo deve coprire almeno i costi della procedura e, se possibile, garantire un parziale soddisfacimento dei creditori.

Chi controlla la provenienza delle somme? L’OCC, che deve verificare e attestare la tracciabilità, l’irrevocabilità e la liceità dell’apporto.


Tribunale che riconosce la possibilità di liquidazione controllata senza patrimonio


 
 
 

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